giovedì 5 settembre 2013

Entro il 30 settembre la CiVIT valuta la trasparenza delle Pubbliche Amministrazioni.Vedremo se è la volta buona per San Giorgio del Sannio

Con la delibera 71/2013 dello scorso 1° agosto la CiVIT ha previsto la pubblicazione, entro il 30 settembre, di alcune informazioni sui siti istituzionali, con relativa verifica degli OIV: nell’ottica di uno “spirito di gradualità”, la Commissione ha previsto che gli Organismi Interni di Valutazione (OIV) attestino (tramite pubblicazione sul sito istituzionale di un apposito Documento di Attestazione allegato alla delibera 71/2013) l’effettivo assolvimento dei seguenti obblighi di pubblicazione
a) dati relativi alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni;
b) pagamenti dei debiti scaduti della pubblica amministrazione maturati al 31 dicembre 2012;
c) procedimenti amministrativi (dati di cui all’art. 35, c. 1, lett. c), f), m) e d) del d.lgs. n. 33/2013);
d) servizi erogati agli utenti;
e) informazioni relative alla modalità di accesso civico.
Nella medesima delibera sono riportate le forme di controllo e vigilanza previste:
  • Attività diretta (verifica da parte di CiVIT della presenza dell’attestato e dell’effettiva veridicità dell’attestato stesso su un campione di amministrazioni, selezionato secondo criteri che la CiVIT renderà noti successivamente);
  • Attività indiretta (verifica da parte di CiVIT a seguito di eventuali segnalazioni ricevute da parte del Responsabile della trasparenza o da privati cittadini);
  • Controllo documentale (effettuato dalla Guardia di Finanza su un campione casuale di amministrazioni, che riscontrerà l’esattezza e l’accuratezza dei dati attestati dagli OIV).
Il controllo rappresenta la penultima fase del processo organizzativo previsto dalla normativa, che dovrebbe garantire l’effettiva osservanza degli obblighi di legge da parte delle amministrazioni. L’ultimo gradino dovrebbe essere rappresentato, in caso di inadempienza, dall’applicazione delle sanzioni previste.
Le forme di controllo sono differenti nelle modalità e negli attori che le attuano e dovrebbero fornire, nell’ottica della norma, un adeguato deterrente in grado di garantirne la sua effettiva osservanza.
Fra gli obblighi previsti per il prossimo 30 settembre il più gravoso è sicuramente quello della pubblicazione delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi: oltre ai dati del responsabile del procedimento e delle tempistiche procedimentali, si prevede un controllo sui relativi atti e documenti da presentare in caso di istanza di parte.
La mappatura dei procedimenti di un ente è un compito molto impegnativo, che coinvolge tutti gli uffici e richiede molto tempo. La richiesta della CiVIT e dello stesso D. Lgs. 33/2013 non è comunque improvvisa o sorprendente: tale obbligo era già sancito nell’art. 54 del Codice dell’Amministrazione Digitale dopo la sua revisione attuata con il D. Lgs. 159/2006. 
L’articolo è stato poi modificato proprio dal D. Lgs. 33/2013, che ha attuato il riordino degli obblighi di pubblicazione.

mercoledì 4 settembre 2013

Raccolta differenziata a San Giorgio del Sannio: flop o farsa-truffa ai danni dei cittadini ? Il comitato civico guidato da Carpentieri denuncia il Comune in persona dei vertici politico amministrativi

Da News Campania del 04 settembre 2013



AL SINDACO DI SAN GIORGIO DEL SANNIO
ALL'ASSESSORE ALL'IGIENE URBANA
AI GRUPPI DI OPPOSIZIONE CONSILIARE "NUOVA SAN GIORGIO" E "LIBERAMENTE"

Oggetto:DENUNCIA.  
             Raccolta differenziata a San Giorgio del Sannio. Ditta                                    Igiene Urbana s.r.l..
             Appalto, inadempienze e ...omissis 
             Smaltimento illegale di rifiuti riciclabili differenziati.  
PREMESSA
Apprendiamo dalla stampa che l'impresa che si occupa della raccolta rifiuti a San Giorgio del Sannio dopo essere stata coinvolta in un'inchiesta della Procura di Torre Annunziata per Durc fasulli , truffa a Inps e Inail, turbativa d'asta negli appalti per la raccolta dei rifiuti, varie infrazioni alla normativa ambientale è stata colpita da una richiesta di interdizione a lavorare con enti pubblici. Nonostante ciò, non solo l'impresa ha continuato a lavorare nel settore dei rifiuti, ma ha l'appalto per la raccolta ed il trasporto rifiuti nel comune di San Giorgio del Sannio, con inefficienze indescrivibili per quanto riguarda le frazioni di differenziata da destinare al recupero (multimateriale, plastica, alluminio, vetro, carta). 
Trattasi di IGIENE URBANA s.r.l., impresa di Sant'Antonio Abate (NA), con attuale sede legale in via Leonardo da Vinci 14, 84018 SCAFATI (SA). 
Il Prefetto di Napoli sollevò sempre nel 2012 consistenti sospetti sugli amministratori della stessa, che divenne oggetto di una informativa "atipica", di una comunicazione di allerta inoltrata al comune di Scafati, invitandolo a decidere se continuare il rapporto di lavoro con la società abatese.
Ciò premesso e viste le eclatanti inadempienze de L'Igiene Urbana s.r.l. nel prelevare - secondo il calendario contrattuale - dalle abitazioni sangiorgesi, nel recuperare e nello smaltire il multi materiale (molto probabilmente e con ragionevole dubbio inviato in discarica o in qualche termocancrovalorizzatore anzichè essere destinato effettivamente al riciclo...[!?] con la conseguenza del mancato raggiungimento delle percentuali minime fissate dalla legge per la raccolta differenziata ed un notevole danno erariale a  carico dei cittadini),
chiediamo :
al sindaco Claudio Ricci e all'assessore all'Igiene G.Saccavino:
perchè il Comune di San Giorgio del Sannio NON REVOCA ad horas l'appalto alla ditta Igiene Urbana s.r.l. ?
perchè non vigila sui disservizi, le inefficienze e i disservizi dell'impresa?
Verso quale centro di raccolta o impianto di recupero vengono avviati da Igiene Urbana s.r.l.dopo il prelievo i rifiuti riciclabili differenziati ?
Verso quale inceneritore o discarica è trasportata la frazione in-differenziata ?
Perchè alla cittadinanza non vengono offerte informazioni dettagliate non solo sulle quantità di raccolta differenziata, irrisorie rispetto alle percentuali minime fissate dalle norme vigenti ratione temporis per il periodo dal 2003 al 2012, ma anche sulla tracciabilità e l'intero ciclo dei rifiuti prodotti, dalla raccolta sino allo smaltimento , al recupero e le aziende pubbliche o private che si occupano di trattamento e di smaltimento dei rifiuti solidi urbani del nostro comune ?
E' un segreto di stato?
Eppure la massima trasparenza possibile e la totale pubblicità del ciclo dei rifiuti è un atto dovuto e necessario in quanto riguarda dati sensibili che permetterebbero di dare garanzie di legalità ai cittadini e di consentire a costoro di valutare serenamente ed in modo trasparente sia i costi/benefici che gli impatti ambientali derivanti da alcune scelte rispetto ad altre, ma soprattutto di avviare un percorso "virtuoso" dei rifiuti e della "nuova materia" in cui si trasformano.
Per-tanto, chiediamo di conoscere ai sensi e per gli effetti della L. 241/90 e succ.modif. e integr.,tutto quanto sinora ci avete artatamente e illegalmente occultato ed è quindi rimasto sconosciuto.
Perchè la percentuale di raccolta differenziata è estremamente bassa in relazione  alle specificità territoriali che presentano una impronta ecologica particolarmente dannosa per il sistema ambientale ?
Perchè non è stato elaborato un qualsivoglia progetto di avvicinamento ai valori stabiliti dalle norme, dimostrato dall'inefficienza del sistema di raccolta differenziata effettuato dall'impresa Igiene Urbana, implementato ingiustificatamente dal Comune in persona dei vertici politico-amministrativi?
Perchè non si persegue ma al contrario si fa finta di non vedere la deturpazione del paesaggio derivata da discariche abusive in aree verdi, aree pubbliche e-finanche-in aree private residenziali ? Tra le tante, segnaliamo la discarica abusiva in via Cesine all'altezza e sul lato del centro commerciale Barletta, prescelto per la raccolta dei rifiuti tessili e affini, e quella nella zona residenziale satura di interesse storico nella contrada Cerzone di via Cesine, tristemente nota per il maxi incendio di un capannone commerciale abusivo, sempre di Barletta, nel 2009.
In merito alla Delibera di Giunta Regionale n. 384/2012, perchè l'ente non ha mai adeguatamente informato i cittadini ?
Cosa intende fare per quanti non intendono conferire la frazione umida differenziata, ma vogliono trattenerla per praticare il compostaggio domestico?
Perchè l'Ente versa in un vergognoso ritardo nell'adottare il Regolamento per l'attuazione della succitata delibera regionale nè ha pubblicato sul sito istituzionale la convenzione che ciascun cittadino è facultato a sottoscrivere con il Comune, ottenendo il diritto ad una riduzione della Tarsu?
In base a quali criteri pubblici e trasparenti, comunque non portati a conoscenza dei cittadini, è stata allora, determinata la Tares in acconto e a saldo ?
Si richiede risposta immediata da rendere pubblica a mezzo stampa, data l'importanza e l'interesse dell'intera collettività ai quesiti posti.
Con la più ampia riserva.
(omississegue denuncia alle autorità competenti)
Comitato "Cittadini per la Trasparenza e la Democrazia"
La Coordinatrice
Rosanna Carpentieri

N.B.
Lo avevamo già preannunciato (http://www.informatoresannita.it/archives/30952), ora la denuncia è pronta.
Aspettiamo che le autorità competenti compiano il compito cui sono preposte.



Si legga anche Altravocedelsannio.



Il problema è annoso ma il Comune per giustificarsi dell'inerzia ANNOSA cosa fa?
Si appiglia ad una recentissima delibera regionale del 5 luglio scorso: avrebbe le mani legate (sic!).
Il prossimo 27 novembre scade l'appalto quinquennale del disservizio rifiuti e l'assessore all'igiene e il sindaco non sanno cosa fare stante "il divieto di indire nuove gare e/o procedure di affidamento"...
Così lo scaricabarile è servito.

martedì 23 luglio 2013

A San Giorgio del Sannio si permettono il lusso di ignorare le ZFU e le ZBZ !

Al Sindaco C.Ricci del Comune di San Giorgio del Sannio


A San Giorgio del Sannio si permettono il lusso di ignorare le ZFU e le ZBZ !

22 luglio 2013
By Redazione InfoSannio News

E’ quanto dichiara Rosanna Carpentieri  del Comitato  “Cittadini per la Trasparenza e la Democrazia”.

Sarà pure fumo negli occhi ma…in Francia hanno avuto successo e si tratta in buona parte di misure di cui l’Italia intera avrebbe bisogno, dice la Carpentieri.

Eppure noi stiamo così bene, stiamo a tal punto crepando di ricchezza e benessere e di PIL (quello derivante dalla corruzione, ovvio !) che i nostri amministratori sangiorgesi (e beneventani, e campani) con le opposizioni al seguito come cagnolini zelanti, pentastellati compresi, possono permettersi il lusso di ignorare le ZFU e le ZBZ !
Che io sappia, continua la Carpentieri, non ne hanno istituito una ! Delle zone a burocrazia zero non c’è traccia. 

Ma almeno il nostro sindaco conosce la recentissima legge n. 183/2011 (Legge di stabilità 2012) istitutiva di “Zone a burocrazia zero” su tutto il territorio nazionale? 
I sudditi del feudo di San Giorgio del Sannio, qualcuno di loro conosce le agevolazioni amministrative e fiscali di una zona franca urbana? E la stampa locale cosa ha detto in merito ?

sabato 15 giugno 2013

Lettera al Sindaco. Il Comitato Cittadini per la Trasparenza e la Democrazia di San Giorgio del Sannio lamenta la mancanza di bagni pubblici e fontane d’acqua potabile

15 giugno 2013
By 

Calvi ha la sua “fontana leggera”, il nuovo distributore pubblico di acqua. Calvi ha anche i bagni chimici. 

A differenza di San Giorgio del Sannio: né acqua né bagni.

Una normale storia di disservizi e degrado ?

La sede dell'Asl di San Giorgio del Sannio, chi ha progettato questo obbrobrio?
 
Sindaco Ricci ,  – si legge nella nota – occorre leggere i filosofi greci e gli orfici per pensare che l’acqua sia vita e che tutto il mondo sia acqua? Occorre che un giorno lei possa incontrare sul viale Talete di Mileto (VI sec. a C.), che vede nell’acqua l’arché, il principio oppure Pindaro (V sec. a. C.) secondo cui il «bene più prezioso è l’acqua», e Anassagora per il quale «tutto scorre, tutto è acqua» ? Lo sa o no che l’acqua è l’elemento predominante del nostro organismo costituendo il sessanta per cento del peso di un adulto e oltre il settanta per cento di un neonato?
La vicinissima Calvi ha la sua “fontana leggera”, finalmente ! La fontana pubblica che eroga acqua del comune, sia minerale naturale che frizzante, a soli 5 centesimi al litro .
E lei che iniziative intraprende in merito? La sua amministrazione vegeta in modo squallido, lo ammetta ! Salvo spillare beninteso soldi dalle tasche dei cittadini , perseverare con le prove di regime e favorire il solito comitato d’affari massomafioso di inquinatori e consumatori di suolo produttivo.
Come cittadina pensante e come coordinatrice del locale comitato Cittadini per la Trasparenza e la Democrazia non saprei di cosa complimentarmi con lei! Devo invece pubblicamente esprimere i più vivi apprezzamenti per l’amministrazione del Comune di Calvi guidata dal sindaco Armando Rocco.
La “casa dell’acqua” ivi installata ora è un punto di riferimento per l’intero paese. Ed anche per i suoi concittadini sangiorgesi, deprivati delle loro fontanelle pubbliche e spesso lasciati a secco d’estate da chi specula sull’acqua (Alto Calore s.p.a.) e sul business delle autoclavi, come le inchieste hanno dimostrato.
Ad ogni ora del giorno e della sera a Calvi si vedono persone con le proprie bottiglie di plastica o vetro andarle a riempire.
E’ come aver riscoperto l’antica fontana del villaggio. È diventato quasi un luogo di aggregazione sociale , di ospitalità per i viandanti e simbolo di vita.
Abbiamo sete, sindaco ! E ci scappa pure di pisciare, ma anche di vespasiani neanche la più pallida idea qua da noi !
Come intende amministrare il villaggio di San Giorgio se le sfuggono i servizi essenziali e minimi, se sinora non lo ha dotato almeno di fontane pubbliche e di bagni chimici? Quanto a questi ultimi, presenti a Calvi, ma non allestiti a San Giorgio neppure durante il mercato rionale (la “fiera settimanale”, secondo le sue iperboliche parole che ignorano i bisogni fisiologici e di igiene dei commercianti) e neppure in occasione della sua personale sagra della salsiccia, perchè la Asl non li impone per ragioni di igiene pubblica ?
Dà fastidio a qualcuno che finalmente diminuisca il consumo di acqua in bottiglia di pet ?
Chi è il drago cattivo che si offenderebbe per l’iniziativa e minaccerebbe ritorsioni ? Dobbiamo per forza tenerci il drago e il cornuto marmoreo accanto alla croce a San Giorgio e precluderci l’incivilimento? In nome di che o che cosa ?
Ha mai pensato a valutare per le famiglie il notevole risparmio economico che deriva da una bouvette pubblica, magari collocata nell’agognato parco a verde pubblico attrezzato che i sangiorgesi possono solo sognare (chissà perchè…), la possibilità di avere acqua depurata , gasata o naturale, a “chilometro zero” e che soprattutto non ha subito alterazioni a causa della prolungata esposizione ai raggi solari (che è quello che avviene all’acqua in bottiglia che l’ignorante consumatore compra facendone vergognose scorte ?).
L’iniziativa -ci pensi- avrebbe molteplici effetti a catena, e tutti positivi: da una parte il risparmio immediato del consumatore che vede ridotta fortemente la spesa sostenuta per l’acquisto di acqua minerale presso bar e supermercati; dall’altra l’educazione dei cittadini al riutilizzo di bottiglie di plastica che altrimenti andrebbero ad aumentare il volume delle discariche a cielo aperto (purtroppo sono ancora pochissimi i cittadini che praticano la raccolta differenziata a San Giorgio e la stessa si riduce ad una “farsa” bella e buona, come ben sa…).
 

La plastica risparmiata, così, può contribuire al percorso di riduzione rifiuti e al risparmio a lungo termine per i cittadini che si concretizzerebbe in un congelamento degli aumenti Tarsu . Dunque, non solo un risparmio sull’acquisto dell’acqua, ma anche sulla raccolta dei rifiuti, evitando alla raccolta differenziata, al servizio di trasporto e agli impianti di riciclo (ma dove sono ?) qualcosa come 30 mila bottiglie da un litro e mezzo di plastica PET per un totale di circa mille chilogrammi, ovvero 23 chili al giorno (una bottiglia pesa infatti 35 grammi) e un risparmio di petrolio (carissimo e destinato all’esaurimento), se considera che per produrre un chilo di PET occorre bruciare due chili di petrolio !
Di fronte all’odioso business che “mercanti globali” senza scrupoli stanno tentando di mettere in atto sottraendo alle persone quello che è uno dei più fondamentali quanto essenziali diritti, di fronte ad amministrazioni scellerate come la sua e quella che l’ha preceduta, che consentono persino nei centri abitati (rectius, zone residenziali sature di interesse storico-testimoniale….) il passaggio di TIR a pieno carico che trasportano l’acqua “minerale” per poi tollerare, contro ogni prescrizione sanitaria e precauzione legale, lo stoccaggio e il deposito a cielo aperto – in piazzali assolati- da parte dei mercanti senza scrupoli,(a tutto vantaggio del …PIL che fa viaggiare l’acqua senza alcun senso logico per l’Italia, e non solo, quando in ogni luogo esistono fonti di approvvigionamento che alimentano gli acquedotti comunali. )…l’iniziativa di Calvi ci appare encomiabile e contro lo status quo, che – solo lo si voglia- si può sovvertire.
Il bello di tutto ciò è che nel villaggio da lei amministrato non è roba di ieri . “Immagina questo, coperto di grano, immagina i frutti, immagina i fiori, e pensa alle voci e pensa ai colori. E in questa pianura fin dove si perde, crescevano gli alberi e tutto era verde, cadeva la pioggia, segnavano i soli, il ritmo dell’uomo e delle stagioni……” . Ma allora il problema c’era già quando Guccini nei primi anni ’70 cantava “Il vecchio e il bambino” e cosa è cambiato? Almeno a San Giorgio NULLA.
Ma c’è gente che ha buone idee: basta concretizzarle, metterle in atto e renderle di dominio pubblico, farne esperienza e “sàpere” collettivo. Fare politica come gestione solidaristica dei beni comuni fregandosene del sistema perverso di gestione del potere ! Lei ne è capace ?
Consideri poi un aspetto non secondario: fino a pochi anni fa le fontanelle erano in paese un importante luogo di ristoro, di sosta e di aggregazione pubblica. Questo passato, non completamente dimenticato, rende oggi le fontane un ottimo luogo per diffondere nuovi stili di vita a misura d’uomo e concrete politiche di riduzione dei rifiuti alla fonte,
La fontana -lo ricordi- conta più del villaggio , del cornuto di marmo, del Fuenti del mercante Barletta, del tugurio fatiscente della casa comunale e di una sede ASL progettata e costruita senza alcun criterio di razionalità .
Perchè, è la fontana che crea il villaggio degli uomini! Quelli che riflettono sulla sacralità della natura, discutono sul “cibo in ogni senso” che viene loro propinato da chi li amministra, si accapigliano per un consumo sempre più critico ed etico, in quanto hanno capito che acquistare = votare.
Da costoro non può pretendere applausi e complicità con l’inettitudine e la strafottenza al potere.

 
Firmato Rosanna Carpentieri
in proprio e in nome e per conto del Comitato Cittadini per la Trasparenza e la Democrazia.
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venerdì 7 giugno 2013

San Giorgio del Sannio tra i siti da bonificare foraggiato dalla regione con oltre mezzo milione di euro ?

Mentre i cittadini come al solito dormono e non si informano nè pipitano, mentre i grilloidi sangiorgesi (sedicenti "opposizione extra consiliare", sic! ) danno lezioncine elementarissime sulle lampadine a led, mentre l'ex deputato Mario Pepe (a che titolo ? Da cittadino ?) imbratta il paese con manifesti che annunciano la creazione di un presunto CENTRO DI COORDINAMENTO e -udite, udite !- di partecipazione popolare... per combattere la crisi, l'amministrazione comunale incassa altri soldi, elargiti dalla Regione.
San Giorgio è stato incluso infatti tra i siti inquinati bisognosi di bonifiche, in via del tutto prioritaria (come Pietrelcina, sic!) rispetto alle zone di Caserta e Napoli devastate dai rifiuti tossici industriali .
Ci hanno provato con l'emergenza neve dell'anno scorso ma sono stati opportunamente bloccati dal comitato civico con esposti e segnalazioni, ci stanno riprovando con il business dell'inquinamento e dei rifiuti.
520.000 euro sottratti alla comunità campania per una presunta bonifica di una terra la cui salubrità è stata attentata gravemente dalle diossine e i furani, benzene e toluene dell'incendio del 2009 del capannone del mercante Barletta in località Cesine, oltre che dal malaffare ronzante intorno al depuratore di Gianguarriello per cui pende processo a carico dell'ex sindaco Giorgio Nardone. 
E tutto ciò in barba al principio che "chi inquina deve pagare", non i cittadini !
Purtroppo, la località interessata e dichiarata sulla carta non è Cesine ma sarebbe del tutto genericamente: Via San Giovanni e, considerando che San Giovanni è una frazione immensa che ben potrebbe distaccarsi dalla malagestione del comune di San Giorgio e dalla "differenziata farsa", già questo subodora di imbroglio e desta notevoli perplessità nei cittadini.
I falsi ideologici , è risaputo, sono all'ordine del giorno nel nostro Comune,  come qualche processo finalmente comincia a dimostrare !
Volete vedere che dopo la truffa assicurativa (il capannone Barletta non era assicurabile in quanto privo di qualunque dispositivo antincendio e le stesse derrate custodite all'interno erano facilmente combustibili e infiammabili, tralasciando la conformità dell'impianto elettrico; ciò nonostante l'imprenditore ha incassato da INA ASSITALIA un ingente risarcimento, lasciando ancora, dal 2009,  senza un euro i terzi danneggiati dall'incendio ), volete vedere -dicevamo- che il finanziamento regionale foraggerà di fatto l'amministrazione comunale e il suo super privilegiato cliens (o socio in affari ?) Barletta?
Diffidiamo la stampa locale , l'amministrazione comunale e i gruppi di opposizione consiliare (Nuova San Giorgio e Libera...Mente) a fare IMMEDIATA chiarezza, ad horas, su tale finanziamento, sui nostri legittimi dubbi qui accennati ed i criteri di scelta  e le motivazioni che lo giustificano. 
In mancanza, inoltreremo un articolato esposto alla Magistratura contabile e ordinaria.

Con la più ampia riserva.

Per il Comitato cittadini per la Trasparenza e la Democrazia
Rosanna Carpentieri




Si legga :
http://www.scribd.com/doc/146089401/Sono-questi-i-siti-da-bonificare-in-Campania-Anche-San-Giorgio-del-Sannio-e-Pietrelcina-provincia-di-Benevento

"Sessantuno (61) milioni di euro per la bonifica di siti in Campania. Si tratterebbe di ex discariche comunali, sversatoi regionali saturi da anni e siti di smaltimento su cui i clan per anni hanno occultato (lucrando) rifiuti tossici e pericolosi provenienti dalle industrie del Nord. Bombe ecologiche.

Tecnicamente sono definite discariche post mortem perché mai messe in sicurezza dopo essere state chiuse. «Abusive e incontrollate», le ha definite la Ue che ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia (una delle 6) e ha già decretato davanti alla Corte di Giustizia la richiesta di pagamento forfettaria di 62 milioni di euro oltre a una mora semestrale di 46 milioni.

Ma cosa c'è di tecnico nei criteri di selezione dei siti ? Nulla, solo pura follia. o speculazione politica.

Si resta senza parole ! Nell'elenco dei siti da bonificare c'è persino San Giorgio del Sannio (forse per il maxincendio del capannone Barletta?) che beneficerà di 520.000 euro e, udite udite, Pietrelcina (sempre provincia di BN) graziata con 800.000 euro dei cittadini (chi sono qua i "rifiuti tossici"?forse i " pellegrini del business religioso ?". Ma non c'è la discarica di Chiaiano e il Triangolo della Morte (Nola,Acerra, Marigliano). Zero euro!.

ZERO EURO anche CAIVANO DI PADRE MAURIZIO PATRICIELLO......

CAIVANO DEVE ASPETTARE LA BEATIFICAZIONE DI PADRE MAURIZIO PER AVERE QUALCHE EURO PER I CAVOLI AL TOLUENE?

Intanto, la stampa sannita tace del tutto. Se non avremo risposte in tempi brevissimi faremo di tutto per fare aprire una inchiesta giudiziaria. C'è un limite a tutto
 "

SITI DA BONIFICARE IN CAMPANIA : QUALI SONO STATI I CRITERI DI SELEZIONE ?


sabato 20 aprile 2013

E’ confermato: non esistono “diritti edificatori” né “vocazioni edificatorie” di suoli non ancora edificati

Una recente sentenza del Consiglio di stato  (6656/2012) che riprendiamo dalla rivista online Lexambiente, ribadisce interpretazioni delle leggi vigenti, ignorando le quali tecnici e amministratori incompetenti, hanno contribuito al pesante e ingiustificato consumo di suolo

In un comune salentino, Monteroni di Lecce, il comune aveva approvato un nuovo Prg che destinava a verde privato un’area destinata dai precedenti strumenti di pianificazione a zona di completamento. Il proprietario ha ricorso al Tar chiedendo l’annullamento degli atti e il ripristino della precedente destinazione. Il Tar ha rigettato il ricorso e il proprietario si è appellato allora al Consiglio di Stato . Quest’ultimo ha confermato la sentenza del Tar con motivazioni interessanti per il loro carattere generale. Abbiamo notizia della sentenza dalla bella rivista online di Luca Ramacci, Lex ambiente, dalla quale riprendiamo di seguito sia il commento (firmato F. Albanese) che il testo integrale della sentenza.

Agli argomenti di valutazione positiva della sentenza espressi da Albanese vogliamo aggiungerne due.

1  - Il Consiglio di stato afferma ( paragrafo 5.1) che la nozione di naturale vocazione edificatoria postula la preesistenza di una edificabilità di fatto, cioè può essere attribuita solo a un terreno già edificato. ed è quindi concetto impiegato propriamente nelle sole vicende espropriative, stante la sottoposizione di ogni attività edilizia alle scelte pianificatorie dell'amministrazione. 

Non ha quindi alcun senso parlare di “vocazione edificatoria” di un suolo riferendosi a precedenti previsioni urbanistiche legittimamente modificate, e nemmeno a situazioni di fatto diverse dalla già avvenuta edificazione.

Possiamo dunque ritenere ulteriormente confermate le conclusioni alle quali eravamo da tempo arrivati sulla base dell’analisi della giurisprudenza: non esiste alcun fondamento giuridico sulla cui base il proprietario di un terreno possa rivendicare un “diritto edificatorio”, o un malaccorto urbanista o amministratore possa motivare la decisione di rendere edificabili aree che attualmente non lo sono.

2 - La sentenza afferma ( paragrafo 2.1) che « l’urbanistica e il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo e armonico del medesimo; uno sviluppo che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, non in astratto, ma in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità ed alle concrete vocazioni dei luoghi, sia dei valori ambientali e paesaggistici, delle esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, delle esigenze economico-sociali della comunità radicata sul territorio, sia, in definitiva, del modello di sviluppo che s'intende imprimere ai luoghi stessi, in considerazione della loro storia, tradizione, ubicazione e di una riflessione de futuro sulla propria stessa essenza, svolta per autorappresentazione ed autodeterminazione dalla comunità medesima». E’ esattamente il modo di vedere la pianificazione urbanistica che eddyburg sostiene e promuove.


Consiglio di Stato, Sez. IV n. 6656, del 21 dicembre 2012.
Urbanistica. Pianificazione urbanistica e tutela ambientale ed ecologica.

All’interno della pianificazione urbanistica possano trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca la necessità di evitare l'ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi. Infatti, l’urbanistica e il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo e armonico del medesimo; uno sviluppo che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, non in astratto, ma in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità ed alle concrete vocazioni dei luoghi, sia dei valori ambientali e paesaggistici, delle esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, delle esigenze economico-sociali della comunità radicata sul territorio, sia, in definitiva, del modello di sviluppo che s'intende imprimere ai luoghi stessi, in considerazione della loro storia, tradizione, ubicazione e di una riflessione di futuro sulla propria stessa essenza, svolta per autorappresentazione ed autodeterminazione dalla comunità medesima, con le decisioni dei propri organi elettivi e, prima ancora, con la partecipazione dei cittadini al procedimento pianificatorio. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la presente sentenza sul ricorso in appello n. 10252 del 2005, proposto da
Corrado Carriero, [...]

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 10252 del 2005, Corrado Carriero propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione prima, n. 4374 del 28 settembre 2005, con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Monteroni di Lecce e la Regione Puglia per l'annullamento di tutti gli atti del procedimento di formazione del PRG del Comune di Monteroni di Lecce ed in particolare: della delibera del C.C.di Monteroni di Lecce n.54 del 13.02.89; della delibera del C.C. di Monteroni di Lecce n.80 del 11.10.1996; della delibera della G.R. Puglia n. 1643 del 7.12.1999 di approvazione del piano con prescrizioni e modifiche; della delibera del C.C. di Monteroni di Lecce n. 51 del 4.8.2000 di recepimento e controdeduzioni in ordine alle prescrizioni e modifiche regionali; della delibera G.R. Pugliese n. 529 del 10.05.2001 di approvazione definitiva del PRG di Monteroni di Lecce; di ogni altro atto comunque presupposto, connesso e consequenziale.

Dinanzi al giudice di prime cure, il ricorrente, proprietario di un terreno nel Comune di Monteroni di Lecce, su cui insiste un fabbricato ad uso residenziale, sito alla Via Isonzo, distinto in catasto al fg. 7/A part. 468-467-1036, esponeva:
- che la suddetta area era tipizzata nel vecchio P.d.F. come zona “B” – I circoscrizione, destinata a edilizia residenziale, con le seguenti prescrizioni: altezza massima degli edifici pari a una volta la larghezza stradale; numero massimo dei piani:2;
- che nel PPA, approvato con delibera C.C. n. 95 del 1.8.1985 e prorogato con delibera C.C. n. 28 del 30.1.1989, l’area veniva definita “Zona di completamento”;
- che il C.C. di Monteroni, con la delibera di intenti del 13.2.1989 n. 54, avviava il procedimento di formazione del PRG, cui seguiva in data 11.10.1996 la delibera di adozione del PRG;
- che la G.R. Puglia con delibera n. 1643 del 7.12.1999 approvava il piano con prescrizioni e modifiche;
- che con delibera n.51 del 4.8.2000 il C.C. di Monteroni recepiva e controdeduceva alle prescrizioni e modifiche regionali;
- che con delibera n. 529 del 10.05.2001 la G.R. Pugliese approvava in via definitiva il PRGPRG di Monteroni;
- che nel nuovo PRG l’area di proprietà del ricorrente risultava classificata come zona a verde privato (VP), disciplinata dall’art 2.15/H della N.T.A., che consente attività primarie di tipo agricolo, la sistemazione di verde attrezzato, interventi manutentivi e di ristrutturazione dell’edificato esistente, di tipo conservativo.

Il ricorrente impugnava gli atti di cui in epigrafe, chiedendone l’annullamento, per i seguenti motivi di diritto:

1) Eccesso di potere, violazione del principio della tendenziale stabilità delle previsioni urbanistiche.Violazione del principio di ponderazione degli interessi privati da sacrificare in relazione all’interesse pubblico perseguito. Carenza motivazionale: la nuova destinazione rende di fatto l’area inedificabile, senza alcuna specifica motivazione sulla scelta così penalizzante per il ricorrente;

2) Eccesso di potere per contraddittorietà. Carenza istruttoria sotto altro profilo, essendo la destinazione definitiva in contrasto con la delibera di intenti, in cui si prevede la conservazione dei contenuti del P.P.A.

3)Violazione dell’art 2 D.M. 1444/68, presentando l’area una vocazione edificatoria.

4) Violazione dell’art 2 D.M. n. 1444/1968 sotto altro profilo. Violazione dei criteri della delibera di G.R. n. 6320 del 13.11.1989. Violazione del principio di tipicità degli atti ammnistrativi: la destinazione impressa non rientra tra le destinazioni previste dal D.M. n. 1444/68;

5) Eccesso di potere per perplessità, irrazionalità ed illogicità. Carenza motivazionale sotto altro profilo. Sviamento dalla causa tipica. l’Amministrazione ha erroneamente inserito una zona agricola all’interno dell’abitato di Monteroni, qualificando senza una adeguata istruttoria l’immobile del ricorrente come “edificio con caratteristiche architettoniche di particolare interesse”.

Costituitosi in giudizio il Comune di Monteroni di Lecce, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione all’inesistenza di posizioni tutelabili particolarmente qualificate in capo al ricorrente ed alla conseguente correttezza dell’azione amministrativa, in rapporto ai criteri di giudizio concretamente applicabili.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo in appello le proprie ragioni.

Alla pubblica udienza del 23 ottobre 2012, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

2. - Con il primo motivo di diritto, rubricato in tre distinti sottopunti, l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza del T.A.R. in relazione: alla mancata pronuncia sulla prima censura nel ricorso introduttivo, dove si è sindacata l’irrazionalità della destinazione impressa alle aree di proprietà dell’appellante, non avendo il TAR valutato come tale imposizione di fatto venisse a precludere qualsiasi utilizzo edificatorio dell’area; all’irragionevolezza ed atipicità della qualificazione come zona destinata “a verde privato” come “sottospecie della zona agricola”, in contrasto con i criteri generali valevoli per la redazione del piano e con la riserva di legge sui limiti apponibili alla proprietà privata; alla non configurabilità di una normale zonizzazione riguardante un’area, stante la carenza delle caratteristiche proprie di tale tipologia di area.

2.1. - Le doglianze non possono essere condivise.

Occorre osservare come il giudice di prime cure abbia fatto precedere la disamina dei singoli punti di doglianza con una premessa teorica di carattere generale.

In particolare, con un esame del tutto in linea con i principi e i criteri seguiti dalla giurisprudenza, ha evidenziato come le scelte urbanistiche costituiscano apprezzamenti di merito, e quindi sottratte al sindacato di legittimità con l’eccezione di quelle inficiate da errori di fatto o da incongruità argomentativa. Sulla scorta di tale premessa, va condivisa l’affermazione per cui le scelte sulla destinazione di singole aree sono congruamente motivate facendo riferimento alle ragioni evincibili dai criteri generali seguiti nell'impostazione del piano regolatore, ossia emergenti dalla relazione illustrativa del piano. Al contrario, la necessità di altri e più incisivi profili motivazionali può essere rinvenuta solo nei casi in cui preesistano particolari situazioni che abbiano creato aspettative o affidamenti, e che quindi, stante l’esistenza di posizioni soggettive meritevoli di specifica considerazione, debbano ricevere una più compiuta valutazione. Tuttavia, tali situazioni, lungi dall’essere riscontrabili in qualsiasi situazione peggiorativa, hanno il loro referente in situazioni oramai tipizzate dalla interpretazione giurisprudenziale (si pensi al superamento degli standards urbanistici minimi, alla lesione dell'affidamento qualificato del privato in rapporto a precedenti convenzioni di lottizzazione, agli accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree, alle conseguenze da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio rifiuto su una domanda di concessione, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 11 settembre 2012 n. 4806).

Sulla base di tale ricostruzione, e sulla non contestata affermazione che nel caso in esame non ricorre nessuna di tali ipotesi, il T.A.R. ha potuto ravvisare in capo al ricorrente unicamente una generica aspettativa ad una non reformatio in peius, tale da non giustificare né una particolare tutela, né un obbligo di più puntuale motivazione. La conclusione di tale iter argomentativo è stata quindi nel senso di non poter spingere il proprio sindacato fino al merito delle scelte urbanistiche operate, che rientrano nell'ambito della discrezionalità degli organi preposti all'adozione e approvazione del piano.

Deve pertanto evidenziarsi che, al contrario di quanto dedotto in appello, il T.A.R. abbia correttamente spiegato le ragioni per cui non ha valutato i profili d’irrazionalità censurati, atteso che gli stessi o ricadono in un ambito sottratto alla disamina giurisprudenziale oppure, come si vedrà in seguito, ricadono in altri aspetti di doglianza, partitamente esaminati.

Conseguentemente, non può dirsi immotivata la scelta di procedere ad una classificazione dell’area a “verde privato”, stante l’inesistenza di una posizione particolarmente qualificata a non subire destinazioni peggiorative. Deve condividersi l’assunto del primo giudice che, sulla base del principio generale, ha applicato la stessa tecnica di giudizio anche al caso in specie, atteso che il passaggio dalla destinazione edificatoria, prevista dal previgente piano, a quella di tipo agricolo all’interno di una più ampia zona omogenea con carattere edificabile altro non è che un’applicazione in concreto di quanto sopra evidenziato; né la circostanza dedotta è tale da fare mutare la ratio applicativa sottostante.

Anche in questo caso, infatti, la destinazione a verde privato non richiede motivazione specifica. E, infatti, opportunamente deve farsi ricorso a quella giurisprudenza che ha evidenziato come all’interno della pianificazione urbanistica possano trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l'ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi. Infatti, l’urbanistica e il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo e armonico del medesimo; uno sviluppo che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, non in astratto, ma in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità ed alle concrete vocazioni dei luoghi, sia dei valori ambientali e paesaggistici, delle esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, delle esigenze economico-sociali della comunità radicata sul territorio, sia, in definitiva, del modello di sviluppo che s'intende imprimere ai luoghi stessi, in considerazione della loro storia, tradizione, ubicazione e di una riflessione de futuro sulla propria stessa essenza, svolta per autorappresentazione ed autodeterminazione dalla comunità medesima, con le decisioni dei propri organi elettivi e, prima ancora, con la partecipazione dei cittadini al procedimento pianificatorio (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 10 maggio 2012 n. 2710).

Non è dato quindi riscontrare alcuna tipizzazione abnorme o extra ordinem nella vicenda de qua, atteso che il verde privato viene a svolgere una funzione di riequilibrio del tessuto edificatorio, del tutto compresa nelle potestà pianificatorie dell’ente comunale, come peraltro precisamente motivato nella relazione illustrativa, dove si fa riferimento all’intento di “ritrovare un equilibrio nuovo dotando il centro esistente delle infrastrutture e delle aree per verde e servizi necessari”.

Proprio la funzione svolta rende corretta la risposta data dal giudice di prime cure, il quale ha inquadrato la destinazione a verde privato in un’ottica più comprensiva, utilizzabile anche al fine di salvaguardare precisi equilibri dell'assetto territoriale.

Conseguentemente, va respinto anche il terzo profilo del motivo, stante la rilevanza funzionale della destinazione di zona a verde privato.

3. - Con il secondo motivo di diritto, viene gravata la censura sub B) del primo motivo di diritto, sollevata in tema di carenza motivazionale sulla scelta di tipizzazione peggiorativa nei confronti dell’area, evidenziando come le ragioni addotte mostrino una ostilità verso il ricorrente e una parzialità, non avendo considerato la posizione interclusa del fondo.

3.1. - La doglianza non ha pregio.

Come sopra evidenziato, la situazione del fondo escludeva la necessità di una motivazione di particolare puntualità. Né peraltro pare condivisibile la lettura della detta area come lotto intercluso, attesa la funzione eccezionale di tale concetto (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 10 giugno 2010 n. 3699 e tale quindi da escludere l’estensione analogica della sua applicazione) e la tipologia dell’area (che, affacciando su due diverse strade, non pare riconducibile a tale ambito). In ogni caso, va ricordato come la nozione di “lotto intercluso” abbia una sua valenza quando non si rinvenga spazio giuridico per un'ulteriore pianificazione, mentre non è applicabile nei casi, come quello in esame, di zone solo parzialmente urbanizzate, esposte al rischio di compromissione di valori urbanistici, nelle quali la pianificazione può ancora conseguire l'effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto (Consiglio di Stato, sez. V, 1 dicembre 2003, n. 7799).

La particolare posizione, come evidenziata dalla parte appellante, non rientra quindi, come si ripete, tra quelle a cui la giurisprudenza connette una situazione di particolare affidamento, per cui le ragioni sopra esposte e la considerazione di una avvenuta corretta giustificazione delle scelte addotte possono essere pienamente richiamate.

4. - Con il terzo motivo di diritto, si lamenta la mancata considerazione della fissazione dei criteri di formazione e indirizzo del piano, dati con delibera n. 54 del 13 febbraio 1989, con particolare riguardo alla necessità di ricucire il tessuto urbano esistente attraverso il recupero degli spazi destinabili a servizi, criterio leso dalla tipizzazione a verde dell’area. La detta ragione di doglianza trova poi adeguata precisazione nel quarto motivo di ricorso (pag. 11 dell’appello e tuttavia rubricato con il n. 3), dove viene censurata la mancata considerazione della destinazione di area come zona di completamento, secondo quanto previsto nel vecchio PPA del Comune, nonostante che i criteri generali prevedessero la conservazione di tali prescrizioni per il restante periodo di validità.

4.1. - La doglianza non può essere condivisa.

La contraddittorietà evidenziata, in rapporto a due diversi criteri generali, non è evincibile dalla lettura degli atti. Va, infatti, ribadito come la delibera di intenti contenga, tra gli obiettivi generali, proprio quello “di ricucire il tessuto urbano esistente, recuperando tutti i possibili spazi da destinare a servizi, con priorità per il verde”, nonché “di salvaguardare il patrimonio edilizio privato di carattere ambientale e artistico”. La scelta pianificatoria appare quindi del tutto coerente con le priorità fissate.

5. - Con il quinto motivo (pag. 13 dell’appello e tuttavia rubricato con il n. 4) si censura la mancata considerazione della naturale vocazione edificatoria delle aree in questione, in quanto aventi le caratteristiche di cui alle zone B di cui all’art. 2 del D.M. n. 1444 del 1968.

5.1. - La doglianza non ha pregio dogmatico.

In disparte la contestabilità dell’impiego in questa sede della nozione di naturale vocazione edificatoria (che postula la preesistenza di una edificabilità di fatto ed è quindi concetto impiegato propriamente nelle sole vicende espropriative), stante la sottoposizione di ogni attività edilizia alle scelte pianificatorie dell’amministrazione, occorre rilevare come le caratteristiche dell’area risultino del tutto chiare nella relazione illustrativa, dove si evidenziano le caratteristiche dell’area in rapporto alle costruzioni esistenti.

6. - L’appello va quindi respinto. Nulla per le spese.

[…] 

(Scritto per EddyburgUrbanistica e pianificazione »
 
Legislazione nazionale ) 

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