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martedì 24 novembre 2015

Era ora ! La Commissione Tributaria di Massa-Carrara dichiara incostituzionale l’IMU.

Prima o poi doveva ovviamente accadere. L’eccezione d’illegittimità costituzionale dell’IMU è stata finalmente accolta, l’onore di fare questo primo importante passo, a cui spero seguiranno presto ulteriori Magistrati (in primo luogo anche da parte del Tribunale di Genova dove, assieme al Comune di Pontinvrea ed al suo coraggioso Sindaco, Matteo Camiciottoli, abbiamo sollevato analoga eccezione), è stata della Commissione Tributaria Provinciale di Massa-Carrara con ordinanza n. 25 del 25 marzo 2015. Sarà per questo che Renzi ha aperto all’abolizione dell’imposta? A pensar male…
La stampa ha ignorato completamente la notizia. Ma da ora in poi proveremo a diffonderla almeno noi in rete. Il provvedimento è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale e dunque nessun timore, è tutto vero. Precisamente è pubblicato nella G.U. n. 43 del 28 ottobre 2015 (clicca qui per leggere l’ordinanza).
La Commissione ha rilevato il contrasto della norma con gli artt. 42 e 53 Cost. asserendo in particolare che: “L’imposta di cui si tratta appare, invero, in contrasto con il principio della capacità contributiva, essendo dovuta indipendentemente dalla percezione di un reddito da parte del proprietario del bene”. Le considerazioni della Commissione non potevano essere più semplici ed esaustive. La capacità contributiva si misura dal reddito e non certo da come si spende lo stesso. Ovvio, ma evidentemente impossibile da capire da governi proni agli ordini della finanza internazionale.
A questo punto, se la Corte Costituzionale farà diritto anziché politica (dopo il “porcellum” e le relative acrobazie per legittimare un Parlamento illegittimo le preoccupazioni ovviamente ci sono), le imposte indirette, regressive e lesive della capacità contributiva, potrebbero finalmente capitolare. In ogni caso, a prescindere da ciò che deciderà la Corte, l’illegittimità costituzionale di simili tributi è manifesta e negarlo è semplicemente ipocrita. Volete le imposte indirette? Cambiate la Costituzione.
Fondamentale che ora i cittadini seguano le orme di questo coraggioso ricorrente e si uniscano nella battaglia per la legalità costituzionale. Peraltro chi paga le imposte sulla casa non avrà diritto a nessun rimborso a prescindere dalle decisioni della Corte.Il mio invito è dunque quello di non pagare questi illegittimi balzelli e ricorrere contro gli accertamenti sollevando l’eccezione d’incostituzionalità che potrà anche essere ulteriormente sviluppata (magari ancorandola meglio ad un caso concreto) per aumentare le possibilità di accoglimento.
* * * *
Vi ripropongono un mio articolo dove ho già affrontato il tema sotto il profilo giuridico al fine di consentirvi anche un approfondimento ulteriore, anche analizzando i verbali dell’Assemblea Costituente.
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Simo arrivati alla scadenza per il pagamento delle imposte sulla casa. Io, come tanti miei Clienti, non pagherò. Vi chiederete il perché. E la risposta è davvero molto semplice: in materia tributaria si è violato ogni limite di decenza letteralmente stuprando ogni norma costituzionale ed imponendo al Paese una gravosa tassazione su beni necessari ed indispensabili.
Dobbiamo parlare di Costituzione quindi. L‘art. 53, inserito nel titolo IV della parte I della Costituzione rubricata “rapporti politici” è la norma chiave in materia e deve essere letta in stretto combinato con l’art. 47, inserito nel titolo III della parte I della Costituzione sotto la rubrica “rapporti economici”.
L’art. 53 Cost. enuncia il principio della capacità contributiva, ovvero il principio secondo il quale ogni cittadino deve concorrere alla spesa pubblica secondo le proprie possibilità economiche, nonché il principio della progressività fiscale a cui l’intero sistema tributario deve uniformarsi. L’inserimento della norma che disciplina i tributi nei “rapporti politici” e non in quelli “economici” non è affatto un caso. I Costituenti erano infatti perfettamente consapevoli che la tassazione non serve per motivi di cassa, ma serve a fare politica economica e monetariaNon sono le tasse a dover pagare interamente i servizi pubblici ed infatti la norma inequivocabilmente parla di mero “concorso” alla spesa pubblica. Tale principio si sposa con la tutela del risparmio di cui all’art. 47 Cost. ed il conseguente obbligo costituzionale, primigenio rispetto a quello illegittimo del pareggio in bilancio, di attuare politiche di deficit di bilancio per poterlo matematicamente realizzare. (clicca qui per un pezzo sul tema del ruolo del risparmio e della moneta nel disegno costituzionale)
Il termine concorso alla spesa pubblica sta a significare proprio questo, i cittadini non pagheranno tutta la spesa pubblica del paese ma una parte di essa rimarrà nell’economia e nelle loro tasche sotto forma di risparmio perché il livello di tassazione complessivo deve essere inferiore a quello della spesa pubblica. D’altronde è facile comprendere che la spesa pubblica è unicamente il modo con cui lo Stato pompa moneta nel sistema economico e le tasse sono quello con cui parte di tale moneta viene recuperata per redistribuirla nuovamente in un ciclo continuo. Tecnicamente le tasse fanno, proprio per tale fondamentale funzione redistributiva tra le varie classi sociali, politica e non cassa per il Paese. Fu dunque ovvio non inserire la norma che le disciplina nella parte economica della carta fondamentale del nostro Stato. 
I Costituenti avevano poi chiaro anche che l’unico indice di capacità contributiva era ed è il reddito e che le imposte indirette attuavano ed attuano una progressione alla rovescio incidendo maggiormente sui poveri rispetto ai ricchi. Ergo in seno alla Costituente si riconosceva la possibilità astratta di imposte indirette unicamente sui beni non necessari e di lusso. Ovviamente non si pensava di tassare la prima casa che anzi rappresenta un diritto inalienabile dell’uomo che lo stesso art. 47 Cost. riconosce laddove afferma che la Repubblica “favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione”. Oggi tale favore particolare viene attuato con un’orgia di imposte che colpiscono tale bene primario.
Più in generale nel nostro Paese, in nome di una falsa emergenza economica causata unicamente dalla cessione di sovranità economica e monetaria, si tassano maggiormente i consumi rispetto ai redditi con aberrazioni che appaiono evidenti agli occhi di tutti. La finalità redistributiva delle tasse è così perduta. Gli unici a non accorgersene sono coloro che governano evidentemente troppo presi ad adempiere gli ordini che la finanza impartisce, così perseguendo il completo tradimento dei nostri interessi nazionali.
Leggiamo alcuni passaggi dell’assemblea costituente in modo che il lettore si possa rendere conto degli incredibili passi indietro fatti nella nostra cultura giuridica. Il 23 maggio 1947 si proseguiva nell’esame degli emendamenti relativi al titolo IV del progetto di Costituzione e si dibatteva proprio l’annoso tema della proporzionalità in materia fiscale. Durante tale seduta l’On. Salvatore Scoca, noto giurista e vero promotore della proporzionalità fiscale, poneva all’attenzione dei Colleghi il seguente concetto che ivi si trascrive: “Se pensiamo, infatti, che la massima parte del gettito della imposta diretta è dato ancora oggi dalle tre imposte classiche sui terreni, sui fabbricati e sulla ricchezza mobile, che sono a base oggettiva o reale e ad aliquota costante, mentre comparativamente assai scarso è il gettito della complementare sul reddito globale, che è a base personale ed aliquota progressiva, abbiamo la riprova più convincente che lo stesso sistema delle imposte dirette si impernia sulla proporzionalità (omissis…). Se poi consideriamo che più dei tributi diretti rendono i tributi indiretti e questi attuano una progressione a rovescio, in quanto, essendo stabiliti prevalentemente sui consumi, gravano maggiormente sulle classi meno abbienti, si vede come in effetti la distribuzione del carico tributario avvenga non già in senso progressivo e neppure in misura proporzionale, ma in senso regressivoIl che costituisce una grave ingiustizia sociale, che va eliminata, con una meditata e seria riforma tributaria (omissis…). La regola della progressività deve essere effettivamente operante; e perciò nella primitiva formulazione dell’articolo aggiuntivo da me proposto avevo detto che il concorso di tutti alle spese pubbliche deve avvenire in modo che l’onere tributario complessivo gravante su ciascuno risulti informato al criterio della progressività”
Il livello del ragionamento giuridico del 1947 era dunque anni luce superiore a quello attuale. Si aveva ben chiara la manifesta ingiustizia sociale di imposte sui consumi, imposte regressive scorrelate dal principio di capacità contributivaImposte che finiscono inevitabilmente per gravare sulle classi più deboli della società.
L’On. Scoca proseguiva illustrando un concetto ancora oggi di estrema attualità: “Da un punto di vista scientifico (se di scientifico c’è qualcosa nella materia finanziaria, o nella scienza delle finanze) si può dimostrare, come è stato dimostrato, che, pur partendo da uno stesso principio, è possibile giungere sia alla regola della proporzionalità che a quella di progressività (omissis…). Resta tuttavia fermo che il sistema tributario nel complesso deve essere informato al principio di progressività (omissis…) Lasciandosi guidare da un sano realismo, non si può negare che una Costituzione la quale, come la nostra, si informa a principi di democrazia e solidarietà sociale, debba dare preferenza al principio della progressività (omissis…). Ho sempre pensato che chi ha dieci mila lire di reddito e ne paga mille allo Stato, con aliquota del 10 per cento, si troverà con 9 mila lire da impiegare per i suoi bisogni privati; mentre chi ne ha centomila, dopo aver pagato l’imposta del 10 per cento in base allastessa aliquota, si troverà con una disponibilità di 90 mila lire. E’ ovvio che per pagare l’imposta il primo contribuente supporta un sacrificio di gran lunga maggiore del secondo, e che sarebbe equo alleggerire l’aggravio del primo e rendere un po’ meno leggero quello del secondo”.
Ecco dunque cosa si intende quando si dice che le imposte indirette attuano una progressione rovesciata. L’iva sugli alimenti, ad esempio, pesa certamente di più, in termini di percentuale di spesa sul reddito complessivo, su un povero rispetto ad un ricco. Le imposte sulla casa agiscono allo stesso modo, pesano più sui redditi bassi che su quegli alti. Spostare le imposte dai redditi ai consumi non comporta equità fiscale ma comporta la distruzione della classe medio-bassa della popolazione.
Non vi è dubbio alcuno che le imposte indirette attuino una progressione alla rovescio ecco perché, sempre in sede di Assemblea Costituente, l’On. Meuccio Ruini ben specificò i paletti per il Legislatore in materia tributaria ovvero specificò in quali casi fosse possibile dare corso ad un’imposizione fiscale non retta dal principio di progressività: “non tutti i tributi diretti possono essere applicati con criterio di progressività. D’altra parte, se ai singoli tributi indiretti non si addice il metodo della progressività, si può e si deve tener presente complessivamente tale criterio, gravando la mano sui consumi non necessari e di lusso”.
Oggi tuttavia paghiamo imposte indirette su beni necessari, indispensabili e non di lusso e paghiamo addirittura imposte sull’abitazione principale ed imposte sugli stessi risparmi. Ecco perché il 16 giugno non mi preoccuperò minimamente di pagare le imposte sulla prima casa e spero che tanti italiani seguono lo stesso percorso. La libertà ed i diritti non sono negoziabili.
La capacità contributiva si misura con il reddito e non con il modo con cui tale reddito è speso, altrimenti si commetterebbe anche l’ulteriore idiozia macroeconomica di penalizzare deliberatamente chi consuma rispetto a chi risparmia con conseguenti danni all’intero sistema economico-sociale. Fino ad oggi la Corte Costituzionale ha mancato di coraggio e non ha mai affermato con chiarezza tale principio anche perché l’art. 53 Cost. non è stato esaminato in combinazione con l’art. 47 Cost. Nessuno ha mai sollevato una questione completa che tenga presente anche il ruolo del risparmio e della moneta nel nostro ordinamento. Mai è poi stata specificata la vera natura delle tasse, natura che pure emerge evidente anche dalla piana presa d’atto dell’ubicazione dell’art. 53 all’interno della Costituzione.
Io non pagherò e voi? 
* * *

Io non ho pagato (per incapacità contributiva) e forse non pagherò mai se la Corte farà diritto, e voi?
R.Carpentieri

mercoledì 14 gennaio 2015

L'Imu è incostituzionale, non paghiamolo e se lo abbiamo fatto chiediamo il rimborso al Comune

L'IMU viola gli articoli 3, 47 e 53 della Costituzione, in ragione del meccanismo applicativo con cui e' stata congegnata dal Decreto Legge n.201/2011. L'IMU è un'imposta patrimoniale permanente (sarebbe sufficiente questa circostanza per considerarla incostituzionale) che adotta una base imponibile, determinata da valori immobiliari che sono stati rivalutati all'improvviso, in forma lineare, senza alcun collegamento con i valori economici reali sottostanti (i prezzi degli immobili scendono, ma il debito di imposta resta sempre uguale !!!), senza flessibilità, senza alcuna correlazione con il reddito complessivo del contribuente.
Per questi fondamentali motivi, l'IMU viola i principi costituzionali di capacita' contributiva e di eguaglianza tra i cittadini.
Pensate alle assurde conseguenze del meccanismo di applicazione dell'IMU sulla prima casa !!!
A parità' di presupposto di imposta – ad esempio uno stesso tipo di immobile - ci sarà chi lo può conservare perché ha altri redditi sufficienti redditi per pagare l’IMU, mentre ci sarà chi e' costretto a venderlo, perché non ha altri redditi con cui pagare l'IMU. 
Dal punto di vista della legittimità costituzionale, si tratta di un effetto assolutamente assurdo. La Costituzione infatti favorisce l'accesso alla "proprieta' dell'abitazione" e "tutela il risparmio",
Tanto premesso, il contribuente deve presentare istanza di rimborso dell'IMU versata al comune nell'anno d'imposta 2012, allegando alla domanda i bollettini di pagamento. Decorsi 90 giorni dalla proposizione della istanza di rimborso, in caso di mancata risposta da parte del Comune, sarà possibile proporre ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale competente, evidenziando le ragioni di incostituzionalità dell’IMU e chiedendo la remissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Laddove la Corte Costituzionale dovesse dichiarare l'incostituzionalità dell'IMU, in violazione degli articoli 3, 47 e 53 della Costituzione, a beneficiarne sarebbero tutti i contribuenti, che avrebbero di conseguenza diritto al rimborso dell'IMU versata nell'anno 2012, e non soltanto i contribuenti che avevano presentato l'istanza di rimborso, in data antecedente alla pronuncia del Giudice delle Leggi. 

In seguito, le norme della Costituzione violate dall'IMU. 

Art. 3 della Costituzione

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art. 47 della Costituzione

La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito.
Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.
 

Art. 53 della Costituzione
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività. 

domenica 21 dicembre 2014

IMU e TASI anti costituzionali. Ma ci sono sindaci conniventi e sindaci che denunciano e citano lo Stato !

Siete al corrente di iniziative analoghe intraprese dal sindaco di San Giorgio del Sannio, per caso ?

Qui, dove ci stiamo battendo per il bilancio partecipato e non se ne può più della malagestione della cosa pubblica e della carenza dei servizi a fronte di una pesante tassazione, abbiamo sentito dire dal sindaco Ricci, nel presunto "confronto con la cittadinanza" del 14 dicembre c.a. (in realtà un monologo autoelogiativo su tasse e perequazione urbanistica, in cui  le voci di domanda o di critica, provenienti dal pubblico sono state sonoramente redarguite e scoraggiate !):
"Le mie tasse sono le più basse.Non lo dice il vostro sindaco ma andate a verificare su internet confrontando il nostro con altri comuni !". Oppure:
"Per il 2015 pagherete di meno se pagherete tutti !" etc.etc.
Insomma, a meno di due giorni dalla famigerata e iniqua scadenza fiscale del versamento a saldo della IUC 2014 , il sindaco ha chiarito la sua posizione: austerity sul modello dei diktat della troika europea e tasse "intoccabili", in quanto emanazione del governo Renzi , non importa se conformi o meno al principio della capacità contributiva che è la base costituzionale di ogni tassazione!
Intanto, sindaco e giunta decidono cosa fare e i sudditi devono partecipare consenzienti: è questa -non altra- la sua opinabile idea di trasparenza e democrazia partecipata! 
Salvo poi scomodare il codice penale per tentare di imbavagliare critiche e dissenso, come è puntualmente accaduto con la denuncia ambientale inoltrata da un comitato civico a seguito dello scempio o scorretta e inopportuna capitozzatura perpetrati in danno di due alberate storiche, unico polmone verde rimasto dopo le colate di cemento elevate a sistema.
E poi, con un semaforo che lampeggia da anni 24 h su 24 senza assolvere alla sua funzione, quando per ripristinarne la piena funzionalità basterebbe l'irrisoria cifra di poco più di 4500 euro ma di quale opera pubblica  vuole seriamente parlare il nostro sindaco ??? 
Dell'ennesimo spreco (su cui si guarda bene dal  chiedere "confronti" con i cittadini), dell'inutile Giro d'Italia o della stucchevole edizione a venire della Notte della Salsiccia ? Oppure del mutuo ventennale di 250.000 euro per palazzo Bocchini e un altro indebitamento dell'Ente (cioè la cittadinanza tutta) per la presunta "nuova" villa comunale (la vecchia dov'e di grazia?) per la quale si vanta e si autoelogia di avere acquisito l'area con l'istituto della perequazione urbanistica ?


Da internet e dalla moderna agorà dell'antica Grecia (il social network facebook) ben altro apprendiamo circa altri Comuni ed altri sindaci.
Matteo Camiciottoli, coraggioso Sindaco del Comune di Pontinvrea, si è apertamente schierato al fianco della Costituzione.
Dalla sua pagina Facebook un annuncio importantissimo :
“Il Comune di Pontinvrea già nel 2012 non ha applicato l’imu sulla prima casa, ritenendola una vera e propria rapina di stato  in un momento di crisi per le famiglie come quello che stiamo attraversando in Italia.
Il 20 ottobre 2014 il Consiglio Comunale di Pontinvrea ha dato mandato all’avvocato Marco Mori di ricorrere in giudizio per far dichiarare incostituzionale la legge sulla tassazione sulla casa, per manifesta violazione degli articoli 2; 42; 47; 53 della Costituzione. È un’iniziativa politica forte se messa in campo da un’istituzione come un Sindaco e un Consiglio Comunale.
Fermo restando che convintamente andrò avanti, credo sia ora che gli italiani debbano diventare parte attiva del loro futuro ed è per questo che lanceremo con chi ci vorrà stare una serie di gazebo per raccogliere adesioni, cioè chiederemo agli italiani di costituirsi con noi convinti come siamo che più saremo e più potremmo lanciare il messaggio ai giudici che saranno chiamati a giudicare che l’Italia se desta.
Tutti coloro che vogliono partecipare possono richiedermi il materiale per la raccolta delle adesioni, a me personalmente per messaggio privato o scrivermi all’indirizzo mail ripartiamoinsieme@libero.it.
Io ci metto la faccia ma vorrei che girandomi non vedessi il vuoto ma migliaia di persone da tutta Italia che grida basta.
NOI SIAMO ATTIVAMENTE  CON IL SINDACO DI PONTINVREA, NON CON IL SINDACO DI SAN GIORGIO DEL SANNIO (BN) !


“La semplice idea di tassare il risparmio in nome di un’asserita falsa emergenza è assolutamente contraria alla nostra Costituzione che impone che la contabilità dello Stato sia in deficit nel lungo periodo al fine di consentire la creazione di un risparmio diffuso altrimenti impossibile. In particolare non si vede come sia possibile legittimare un’imposizione sui beni immobili che costituiscono per definizione la principale forma di risparmio dei cittadini italiani. L’imposizione di una tassa sul risparmio è in chiara antitesi con la tutela ad esso riconosciuta (in tutte le sue forme) dalla Costituzione – art. 47″.
L’Imu, la famigerata imposta unica comunale, è«semplicemente» anticostituzionale. E il Comune di Pontinvrea, su iniziativa del sindaco Matteo Camiciottoli – che già da un paio d’anni si batte a fondo contro l’iniqua forma di tassazione e, intanto, l’ha abolita per i suoi concittadini – ha deciso di citare lo Stato in giudizio, in quanto – spiega l’avvocato Marco Mori, legale dell’amministrazione comunale – l’imposta è lesiva dei diritti sanciti dagli articoli 2, 42, 47 e 53 della Costituzione italiana. In particolare, aggiunge Mori, a calpestare il diritto e il buon senso è la violazione di quanto sta scritto nell’articolo 47 della Carta, che tutela il risparmio,e il 53 che fa riferimento alla capacità contributiva. 
Prima udienza il 31 marzo, davanti al Tribunale di Genova: «Il Comune di Pontinvrea -sottolinea ancora l’avvocato Mori – non avrebbe potuto agire in giudizio, in quanto questa possibilità è riservata solo a livello individuale.
Pertanto si è inserito (ed è questa la prima volta in Italia) nella causa analoga intentata da un cittadino di Rapallo». In questo senso, la procedura è stata accolta regolarmente. In particolare, il cittadino ricorrente, con atto di citazione 10 novembre 2014, «conveniva in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero degli Interni al fine di accertare» la violazione dei «propri diritti costituzionalmente tutelati, ovvero l’inviolabilità della persona (art. 2 Cost.), la proprietà (art. 42 Cost.), il risparmio in tutte le sue forme (art. 47 Cost.) nonché il principio della capacità contributiva (art. 53 Cost.) e conseguentemente condannare, eventualmente anche in solido tra loro, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno a risarcire il danno non patrimoniale». In relazione, il Comune di Pontinvrea, che «da anni si batte contro le ingiuste ed inique imposte sulla casa, stante il fondamentale valore economico e sociale dell’abitazione, ha conferito mandato all’Avv. Marco Mori al fine di formulare intervento adesivo in vertenza che abbia ad oggetto l’accertamento
dell’incostituzionalità delle imposte sulla casa».
La semplice idea – è la tesi del Comune di Pontinvrea – di tassare il risparmio in nome di un’asserita falsa emergenza è assolutamente contraria alla nostra Costituzione che impone che la contabilità dello Stato sia in deficit nel lungo periodo al fine di consentire la creazione di un risparmio diffuso altrimenti impossibile. In particolare non si vede come sia possibile legittimare un’imposizione sui beni immobili che costituiscono per definizione la principale forma di risparmio dei cittadini italiani e dunque anche di quello dei cittadini di Pontinvrea. L’imposizione di tasse sui risparmi è la chiara antitesi della tutela del risparmio in tutte le sue forme prevista in Costituzione, l’imposta sulla casa è una tassa sul risparmio. Questo dunque vale non solo per la prima casa che gode di una tutela rafforzata anche nel secondo comma del citato art. 47 Cost. «Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione».
Ancora in merito, infine, alla violazione degli artt. 2, 42 e 53 della Costituzione, «la normativa di legge non solo crea un’imposta regressiva che colpisce ovviamente maggiormente i poveri rispetto ai ricchi ma altresì non prevede alcuna correlazione concreta con la capacità contributiva dei cittadini. Se ad esempio, con una vita di sacrifici, un italiano compra un immobile ma poi, sfortunatamente, perde il lavoro, lo Stato pretenderà da esso la corresponsione di imposte nonostante non abbia alcun tipo di reddito, imponendo addirittura ai Comuni il recupero delle somme».
Insomma, ce n’è abbastanza per ritenere più che fondate le motivazioni alla base del giudizio. E non solo i cittadini di Pontinvrea, ma tutti gli italiani attenderanno con ansia la pronuncia del tribunale.
Rosanna Carpentieri
Coordinatrice del Comitato Cittadini per la Trasparenza e la Democrazia

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